A proposito di sogni infranti

Piove, governo ladro, e le zanzare pullulano.
Possibile che nessuno ci avverta del fatto che la Terra ruota storta e adesso qua in Emilia siamo come a Sainte Marie (Madagascar) con tanto di cicloni annessi?

Dicevo dunque: piove!
E quando piove a me prende una sorta di introspettitività compulsiva che mi obbliga a riflettere sui cazzi miei e a trarne illuminate – più o meno-  conclusioni.

I sogni infranti, si diceva.
Chi non ne ha.
Ma penso che in pochi, per fortuna, possano battere il record di mia madre.

E a questo punto dovrebbe partire la cronistoria della triste esistenza, il marito autoritario, il periodo storico sfavorevole, la famiglia conservatrice, l’incapacità di ribellione, l’impossibilità di spiccare il volo e bla bla bla.
In poche parole: una vita chiusa a chiave dentro la depressione.
E, come se non bastasse, l’Alzheimer a chiudere definitivamente il cerchio.

Ora mia madre vive in un mondo che non esiste se non nella sua immaginazione (e chi può dire che non sia così anche per noi…); un mondo, purtroppo,  fatto di paura, di ansia, di angoscia terribile.

Lei, che vive tuttora a casa sua con mio padre,  non la riconosce ed è quindi sempre alla ricerca di un modo ,  un mezzo o qualcuno che la riporti a casa. Lei però non sa dove sia casa sua, non riconosce nessun luogo e non riconosce le persone che le stanno intorno.
Lei sa solo che lì non è casa sua e che non sa come fare a tornarci.

A volte piange disperata e dice che vuole morire, a volte si incattivisce perchè nessuno la porta a casa, molto spesso chiede di telefonare a sua madre (che ovviamente è morta da anni) perchè la venga a prendere.
Tragedia nella tragedia, lei dice che “sa” che sua madre non la vuole, non l’ha mai voluta, l’ha sempre disprezzata.
E così si lascia cadere su un divano e chiede se può rimanere almeno a dormire, dice che non disturberà e così si tranquillizza per dieci minuti.
Ma subito dopo ricomincia tutto da capo.

Ho sotto gli occhi le sue foto di quando era ragazza, bellissima, sorridente, amava ballare.
Poi si è sposata e ha smesso di sorridere e di ballare.
Si è spenta, si è annullata. Ha abbandonato il suo piacere in nome della famiglia.
Qualche anno fa, quando ancora era consapevole di quello che faceva e diceva, mi disse:
– Sai, al mondo non c’è più niente che mi piaccia.

Niente al mondo che le piacesse. Che disperazione! Che vita sprecata, che enorme occasione mancata…
E non mi sorprende per niente che il suo cervello si sia “assentato”; era tutto così prevedibile, alla fine.

Io le auguro dunque di morire presto  perchè,  per quanto assoluta e spaventosa possa sembrare ai vivi, la morte, per lei,  non sarà mai  terribile quanto questa terrificante non-vita.

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