Il panico e la paura

Quando arrivava sotto casa, parcheggiava la macchina e rimaneva lì, ferma, a pensare che no, non ci voleva andare di sopra, in quella casa che era la sua casa.

Diceva a se stessa: non ci vado, non ci vado, non ci vado e invece, dopo mezz’ora, scendeva dalla macchina e iniziava a  salire i gradini, su fino al terzo piano e si fermava ancora un po’ fuori, sul pianerottolo, finchè qualcuno non passava per le scale e allora lei apriva velocemente la porta ed entrava.
Ma non chiudeva la porta, la lasciava, anzi, spalancata e si dirigeva veloce in cucina che per fortuna era la prima stanza a destra dell’ingresso.

Apriva un cassetto e tirava fuori un grosso coltello e così armata iniziava l’ispezione.
Guardava dietro ogni porta, sotto il letto, negli armadi e dietro le tende e quando era sicura che non vi fosse nascosto nessuno , richiudeva la porta d’ingresso con tutte le serrature e i catenacci che aveva fatto mettere e si calmava.

A quel punto si andava a spogliare per fare la doccia ma prima si struccava, un occhio alla volta, perchè le volte che li aveva chiusi entrambi la sua testa aveva iniziato a pensare che alle sue spalle ci fosse qualcuno che la stava per assalire e la paura diventava così forte che a lei sembrava proprio che quel qualcuno fosse lì e così apriva gli occhi ; ma gli occhi erano insaponati e il sapone le finiva dentro e le bruciava da morire e le lacrime le impedivano di vedere chi ci fosse alle sue spalle e il panico la prendeva forte, fortissimo, terribile e assoluto.

Finito di lavarsi, iniziava a far qualcosa in casa ma l’unica cosa che non poteva fare era dormire, anche se era stanchissima. E non poteva dormire perchè nel sonno qualcuno avrebbe potuto forzare la porta e avrebbe potuto entrare.

Qualche volta le prendevano strani malesseri in cui sentiva restringersi  la sua cassa toracica, avvertiva  una morsa che le stringeva il collo,  il fiato le si faceva corto come se nella stanza mancasse l’aria e così si precipitava ad aprire le finestre e rimaneva lì, con la testa fuori, a respirare affannosamente.  Questi attacchi duravano alcuni minuti anche se a lei sembravano eterni  e dopo si sentiva stanchissima ma non poteva riposarsi, non poteva chiudere gli occhi.

Non poteva perdere il controllo.

Così non le rimaneva altro da fare che aspettare il ritorno di suo marito che almeno l’avrebbe fatta ridere e dimenticare per qualche ora la sua paura.

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