Sangria

Estate, quasi. Ora dell’aperitivo. In campagna, qua nella bassa, con il Po’ che pian piano invade la golena e i cani che han già cenato. Giornata fredda ma limpida, nubi sudamericane che si rotolano nel cielo come giganteschi fiocchi di cotone sospinti dal vento.
Il lago in giardino è stazionario, la Terra è troppo inzuppata d’acqua e non ne riceve più.
Sangria.
Sangria?
Sangria!
Cubetti di ghiaccio, arance e mele in tocchetti, cannella, vino rosso e un po’ di zucchero. Ci vorrebbe una paella adesso. Di quelle nei padelloni che ti servono fumanti in riva al mare a Formentera.

Ibiza, interno dell’isola. Casa di amici in collina, odore di pesce che sfrigola con aglio e pomodoro, spezie, peperoncino. Macchine fotografiche, fiche, macchine. Fotografi e modelle da tutta Europa e dalla Russia.
Io preparo la sangria, affetto arance, pesche, mele. Cubetti di melone e anguria.

Lui entra e mi fa una foto, una polaroid. Va di gran moda la polaroid fra i fotografi dell’avanguardia. Come la Holga. Altrimenti si usa la vecchia Hasselblad. Sputi concordi dei più sul digitale che sta nascendo.

Lui mi ha invitato, lui mi sta provocando. Lei lo sa, lo annusa nell’aria, lo deve odiare per questo ma non lo da’ a vedere però non lo molla un attimo.
Dopo un secondo , infatti, entra anche lei, prende un cubetto di anguria, se lo strofina sulle labbra, lo succhia guardandomi dritta negli occhi.
Mi piace.

Son venuta per lui ma adesso che son qui, che l’ho visto con lei, con i  figli, in questa casa finto bohémien dove tutto sembra messo lì per caso e per caso, invece, ci son solo io, adesso che ho visto mi interessa meno, mi attizza meno.
Però mi piace il gioco, mi piace la sfida. E mi piace lei. La moglie.

Entrano anche gli altri, gente che fa casino, ride, beve, mangia, fotografa, si fa fotografare.
Mi siedo sul grande tavolo di legno in mezzo ad angurie tagliate a metà e grosse trecce di cipolle, alzo la gonna , rido, lui mi divora con gli occhi mentre lei si appoggia al muro e mi fissa come se mi volesse uccidere. O scopare. Non so.

Io la guardo  appena come fanno gli innamorati timidi, ignoro lui, scendo dal tavolo ed esco sul prato.
Fuori fa fresco, la sera nelle isole c’è sempre vento e vorrei qualcosa per coprirmi.
Lui.

Ci ha messo un minuto per raggiungermi, mi prende per mano e mi trascina via, fin nel suo studio dall’altra parte del grande prato ,  mi fa sedere su uno sgabello contro un muro azzurro scrostato, accende le luci,  prende la sua Hassel preferita e comincia a fotografarmi.

– Stai ferma, girati un po’, di meno, piegati in avanti, spingi in fuori il sedere, così, brava, sei bella, sei bellissima, togliti la maglia, fammi vedere , si, così…

Scatta e scatta e si eccita e lo si vede benissimo con quei pantaloni leggeri leggeri di cotonina a righe. Salta come un grillo qua e là, mi vuole vedere da ogni lato, vuole un ricordo, forse, di questo incontro strano nato da uno scambio di commenti in rete.

Le mie foto e le sue foto a confronto, lui un purista, io una taroccatrice professionista.
Una guerra. E, come spesso accade, dalla guerra si scivola in un letto.
E così lui mi invita a Ibiza, a casa sua, con la scusa di un meeting di fotografi internazionali, ti organizzo un workshop di fotoritocco, mi ha detto, e io ci vado perchè mi ha davvero incuriosita troppo.

E poi  è bello e macho e biondo e non pensavo che ci fosse anche la moglie. E invece c’è. Stronzo!

A proposito , mi domando come mai lei non sia ancora arrivata. Mi domando come mai lui sfidi così la fortuna con quel cazzo duro sotto i calzoni che si vede lontano un kilometro.

Ma lei non arriva e lui ha finito il rullino , posa la macchina fotografica e si avvicina, mi sfiora il viso con un dito, me lo infila appena in bocca, glielo succhio leggermente, lui chiude gli occhi e mi mette una mano fra le gambe.

Mi bacia, o almeno ci prova, mi lava la faccia è più corretto, poi si inginocchia , alza la gonna e si tuffa giù. Mi ha già infradiciato le mutandine quando entra lei che rimane di sasso, stop ai giochi. Lui balbetta qualche cosa in tedesco, lei sembra una statua di ghiaccio.

E’ furiosa. Ed è bellissima.
Le vado vicino, lei mi guarda feroce.
Io tento di baciarla.
Lei mi respinge dicendo cose suppongo cattivissime.
Io insisto, lei mi da’ uno schiaffo, glielo rendo.
A quel punto penso che mi voglia uccidere e invece le scappa un mezzo sorriso. Allora le prendo i capelli, le tiro indietro la testa , le mordo il collo e lei mi lascia fare.
Di quel che è accaduto in seguito non ho voglia di parlare ma ricordo che non fu un granchè.

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